Jof di Miezegnot

sella Somdogna

Carta Tabacco: 019
Dislivello: 700m
Lunghezza: Km 6,1 circa
Altitudine min: 1397m
Altitudine max: 2087m

 

 

 

 

Si arriva comodamente con la macchina in un ampio parcheggio nella sella Somdogna. A pochi metri da lì, su un terreno pianeggiante, ci si può rifornire al rifugio Fratelli Grego.

 

Caldi colori autunnali

Caldi colori autunnali

Ma oggi, giriamo le spalle al rifugio, la nostra metà è il Jof di Miezegnot. Sono le ore 9.00, il meteo è stabile, la giornata fresca per il mese di ottobre. Ci infiliamo nel bosco, camminando su un tappetto di foglie.

Bosco

Bosco

 

 

 

 

 

 

La luce autunnale ci regala uno scorcio sul Monte Montasio, nascosto dietro a degli alberi spogli.

Monte Montasio

Monte Montasio

 

Dopo 1.30 di camminata, arriviamo al bivacco Btg Alpini Gemona e quelli che sono i resti di un campo militare. Ci fermiamo un attimo per bere un thé caldo e firmare il libro. Se prima la camminata proseguiva con una pendenza gradevole, ora la musica cambia, la pendenza è nettamente più impegnativa, ed il percorso continua su rocce franabili.

 

Bivacco BTG Alpini Gemona

Bivacco BTG Alpini Gemona

lungo il percorso

lungo il percorso

 

 

 

 

 

 

 

Lungo il sentiero franabile

Lungo il sentiero franabile

 

Ore 11.20, superato le roccette, arriviamo in vetta al Jof di Miezegnot con la sua croce tipica argentata. Foto di rito e panino di vetta. Da qui possiamo vedere i monti anche in lontananza, come il Mangart o il Monte Lussari a Est. Riconosciamo il Monte Montasio ed il Jof Fuart a Sud. Ovviamente anche i vicini Mone Piper e Due Pizzi a Ovest.

 

Sul sentiero di ritorno

Sul sentiero di ritorno

Terminata la pausa decidiamo di proseguire lunga il ciglio del monte fino ad arrivare a quelli che assomigliano a dei resti di una caserma militare, biforchiamo a destra su un sentiero sempre franoso, ma con pendenza molto più gentile. Arriviamo quasi all’altezza del bivacco BGT Alpini Gemona.

 

 

 

Ore 14.30 siamo di ritorno al parcheggio, vuoto come lo abbiamo trovato!

Il nostro Fotoreporter in cerca di uno scatto speciale

Il nostro Fotoreporter in cerca di uno scatto speciale

 

Ringrazio l’ottima compagnia per la splendida giornata trascorsa serenamente. Grazie a Devis, Piero e Marco.

 
 
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DAL RIFUGIO TITA PIAZ ALLA CASERA NAULENI

Rifugio Tita Piaz

 MESE: luglio 2021
 VALUTAZIONE. ****
 TEMPO TOTALE: 3 h
 DISLIVELLO: 200 m./ 250 m. fino alla Forcella  Nauleni
 PUNTO D’APPOGGIO : RIFUGIO TITA PIAZ  (PASSO PURA),Via San Valentino, 33021, Ampezzo  (Ud), Telefono: 3391378897, contatti:  info@rifugiotitapiaz.com,  http://www.rifugiotitapiaz.it/
 

COMMENTO: bella escursione, per la maggior parte, che si sviluppa in un bosco di abeti rossi, e attraversa una verdeggiante radura fiorita, Consigliato per FAMIGLIE CON BAMBINI (bimbi che camminano o zaino porta bebè) e per gli AMANTI DEL SILENZIO e dei SUONI DELLA NATURA

Come arrivare:
Situato in una bellissima posizione sul Passo Pura, tra i Monti Nauleni e Tinisuta, il rifugio è raggiungibile dalla frazione La Maina di Sauris, seguendo la strada sulla Diga del Lumiei che dopo diversi tornanti conduce al Passo e quindi al rifugio. Oppure da Ampezzo (statale carnica 52), al km 35,9 presso l’Osteria del Pura, svoltare a destra per Passo Pura.

Il percorso che abbiamo scelto parte dal Rifugio, dedicato all’alpinista e guida alpina Giovanni Battista Piaz (detto Tita), situato a 1417 m. di altitudine, e provvisto di un ampio parcheggio, in cui lasciare l’auto e comodamente partire per numerose escursioni.

Lungo il sentiero boscoso ben segnato

Noi, abbiamo seguito il consiglio, del gentilissimo gestore del Rifugio, e, essendo il tempo incerto, e avendo l’intenzione di far camminare anche la nostra bimba, abbiamo intrapreso il percorso verso la Casera Nauleni ( 1639 m.) : bello in salita il tratto fino alla casera, molto ombreggiato, piacevole e non eccessivamente lungo da percorrere, considerando le soste.
Il sentiero parte dietro al Rifugio (inizio: guardando il rifugio, sulla, è ben segnato con i segnavia rossi e bianchi del C.A.I, al primo incrocio si segue la tabella con l’indicazione Casera Nauleni (sentiero CAI 238). Si attraversa un bosco di abete rosso, molto fresco e verdeggiante, che colpisce per i molti alberi, sradicati, causa agenti atmosferici, che giacciono lungo il sentiero, che, comunque risulta facilmente percorribile, ben segnato, solo, tutto in salita fino al pianoro. Il bosco si presta a incuriosire molto i bambini, grazie alle strane forme dei tronchi d’albero, alle enormi radici sradicate dal terreno che prendevano forme e pieghe strane, tanto che, a noi, ricordavano le tane dove si riparano gli orsi…

Arrivati sulla radura si intravede la Casera in lontananza, si scende una dolce discesa, disseminata di ranuncoli Bottondoro gialli (bellissimi! tantissimi!) fino a raggiungere il ricovero. Prima di arrivare alla casera, ci ha colpiti un cartello, appeso alla porta della stalla vicino “Attenzione! non avvicinarsi ai cavalli”: ahimè, quel giorno purtroppo, i cavalli non c’erano, ma, al rifugio ci hanno detto che solitamente alla Casera Nauleni portano i cavalli d’estate e li lasciano pascolare là, in modo da vederli quando si fa l’escursione.
Dovremmo ritornare ci siamo detti! Quest’anno l’inverno è stato lungo e freddo, a maggio avevano ancora metri di neve fuori dal rifugio…ecco perché, mucche e cavalli non sono ancora stati portati al pascolo…

Casera Nauleni

Alla Casera Nauleni, abbiamo fatto una piccola sosta merenda, c’è una comoda panca per sedersi, e, dopo aver esplorato l’interno della casera, molto funzionale e ben attrezzata, con cucina, tavolo, panche e tre reti letto. ci siamo rimessi in cammino. Tantissime le farfalle lungo il percorso, ad un certo punto nostra figlia se ne portava tre sulla mano!
Dalla casera due sono le opzioni : o si prosegue dritti avanti lungo il sentiero, fino ad incontrare la carrareccia (strada forestale), che, compiendo un giro ad anello riporta al rifugio…oppure, come abbiamo fatto noi si piò tornare indietro, sui passi dell’andata, e al bivio con il cartello Giro delle Creste – Forcella Nauleni, si segue l’indicazione. Il sentiero monta ancora in salita per un po’, fino a raggiungere la forcella, con panche e belvedere, dove il panorama spazia sulla valle del Tagliamento e in lontananza, si può ammirare il Monte Amariana ergersi, sempre che non sia coperta dalla solita nuvoletta che le fa da cappello!

vista sulla valle del Tagliamento

Dopo la sosta per “rifarsi gli occhi”, si scende dallo stesso sentiero dell’andata, si raggiunge nuovamente il bivio col sentiero CAI 238, e si scende nuovamente per il bosco di abete rosso, stesso percorso della salita!
Arrivati al rifugio affamati, siamo stati coccolati da un ottimo tagliere di formaggi e salumi di sauris (meravigliosi!), seguiti da un Tiramisù e una Crostata con la marmellata di Tarassaco, a dir poco eccezionali!!
La giornata, poi, può concludersi, prendendo l’auto, dirigendosi a vedere il bellissimo lago di Sauris, attraversando due gallerie nella roccia molto suggestive, fino a raggiungere l’abitato di Sauris, dove immancabile è la sosta allo spaccio Wolf!

Escursione di giornata molto simpatica, bel contesto naturale, grande silenzio e relax, consigliata alle famiglie perché non difficile.

ALTRI PERCORSI (di quota):
Sentiero Tiziana Weiss, Carnia Trekking, Sentiero Naturalistico Flobia, Anello delle Creste, Via ferrata: le creste del cielo al monte Tinisa 2100 m. (EEA), Anello del monte Colmajer 1850.
Principali ASCENSIONI:
Monte Tinisa, Monte Nauleni e Monte Sesilis

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Ferrata “Amici della montagna” sul Monte Zermula

Monte Zermula visto dal parcheggio

Stagione: estate 2020
Tempo totale: 4 h
Tempo avvicinamento attacco ferrata: 1 h
Tempo ferrata: 1h 30
Dislivello ferrata : 255 mt.
Ritorno dalla via normale: 1h e 30
Difficoltà ferrata/esposizione : media

 

 

Ciao a tutti, siamo tornati per descrivere una bella ferrata, non troppo impegnativa, ma neppure scontata, che arriva fino alla vetta del Monte Zermula (mt. 2143): una panoramica e verdeggiante terrazza, che si affaccia sulle Alpi Carniche, dalla sua sommità, sulla quale troneggia un’imponente croce, l’occhio spazia, venendo attratto da imponenti monumenti di roccia, mi riferisco alle innevate pareti del Monte Canin, al Monte Serio, alla Creta Grauzaria. Sul versante opposto si osservano le Alpi Austriache, il monte Cavallo di Pontebba e lo Zuc della Guardia ( con un’altra simpatica ferrata che porta in cima). Diciamo, che, dalla vetta, si gode uno splendido spettacolo a 360 gradi sulle nostre Alpi!
Da Pontebba, ci siamo diretti verso il Passo Cason di Lanza (1552 mt.), dove ci siamo fermati nell’ampio parcheggio vicino al Rifugio/Malga Zermula (Rifugio agrituristico tel. 3356072626). Si tratta di una casera, con produzione in proprio di formaggio e possibilità di pernottamento: si mangia molto bene (consigliamo il vero frico alla friulana, con le patate!), ed è ottimo come tappa di fine escursione per godersi una buona birra ghiacciata sotto le pareti dello Zermula.

Segnaletica CAI 442

Bosco frondoso a inizio camminata

Il sentiero verso l’attacco della ferrata parte dal parcheggio di fronte al Rifugio, ed è ben segnato con segnavia CAI 442 : dapprima si attraversa un rigoglioso bosco, per poi arrivare su una landa rocciosa, la salita in alcuni tratti diventa più ripida, sempre molto panoramica e per nulla esposta, fino a raggiungere l’attacco della ferrata. Essendo l’attacco posizionato ad una certa altitudine, non si esclude la presenza di qualche piccolo nevaio da attraversare. Durante la nostra escursione ne abbiamo trovato uno piccolo proprio sotto l’attacco, si trattava di qualche metro, che con passo sicuro e tracciando bene le impronte, abbiamo superato senza bisogno di ramponi o quant’altro.

Piccolo Nevaio appena prima dell’attacco della ferrata

All’attacco non eravamo soli, ci hanno preceduti una coppia tedesca, Johann e Julien, padre sportivo e figlio adolescente veloce come uno scoiattolo! Fa sempre piacere vedere un padre che inizia il figlio all’amore per la montagna!

 

 

 

 

 

attacco della ferrata

La ferrata “Amici della Montagna” si sviluppa in 13 sezioni di cavo, dette “settori”: i primi due sono molto verticali, su placca, ci sono appoggi per i piedi, a volte anche qualche staffa viene in aiuto, ma, diciamo che, ci può esser bisogno anche di una buona dose di forza di braccia, specialmente se si è fuori allenamento!

Johann e Julien impegnati sulla cengia che collega 2 tratti di cavi

Tratto di ferrata esposto ma ben protetto

Dal terzo settore in poi, ci sono ancora dei passaggi abbastanza verticali, ma i tiri sono più brevi, a volte il cavo finisce e ci sono dei brevissimi passaggi , con una certa esposizione, senza il supporto del cavo, ma con attenzione e concentrazione si superano senza difficoltà. L’ultima parte della ferrata risulta più appoggiata e, quindi, sempre meno faticosa.

 

Finito il sentiero attrezzato, non si è ancora in vetta, bensì si intraprende una piacevole camminata in cresta, attraverso un prato verdissimo e rigoglioso, ricco della vegetazione tipica di alta montagna, tra cui spiccano qua e là , catturando l’attenzione e rubando un sorriso di piacere, a chi le scopre… le meravigliose STELLE ALPINE, fiore ,ahimè, in via di estinzione, la stella alpina si può proprio definire la regina della montagna, fortunatamente, trova ancora raramente un habitat consono in cui sopravvivere! La stella alpina, si ammira, si fotografa, ma assolutamente non si raccoglie, va lasciata a vivere sulla sua montagna!

Foto di vetta

Arrivati in vetta, ci siamo goduti una piacevole sosta panoramica all’ombra dell’imponente croce, in compagnia di un’altra coppia,con cui abbiamo scambiato qualche impressione, Giampietro e Lara, in questo caso padre e figlia, simpatici friulani, appassionati di montagna e di speleologia, che ci hanno consigliato una prossima ferrata da salire, lo Zuc della Guardia! La montagna è bella anche da soli, ma, assieme a chi vuoi bene, la si apprezza molto di più,e, più in sicurezza! 

 

Il monte Zuc della GuardiaSi è fatto tardi, è ora di rientrare, anche perché ci vuole ancora un’oretta e mezza per la discesa, seguendo la via normale: la via di ritorno segue  tutto il versante nord del Monte Zermula, facendo il giro completo del massiccio: panorama mozzafiato, alcuni passaggi un po’ esposti con terreno ghiaioso invitano a fare attenzione e a concentrarsi, per evitare di mettere un piede in fallo, in quanto il pendio in quei tratti è molto ripido!

La parte più bella della discesa, attraversare un rigoglioso manto erboso, con il vento tra i capelli, il silenzio e il suono delle cicale in lontananza! Un’ultima parte nel bosco, ed ecco che si arriva alla Caserma sul Passo Cason di Lanza, e poco più avanti al parcheggio dove avevamo lasciato l’auto, la nostra poderosa Nelly!

Vale tra cielo e montiUna giornata stupenda, un’escursione non difficile, ma neppure scontata, un panorama davvero mozzafiato e…alla fine frico e birra deliziosi alla Malga Zermula!

Ciao alla prossima!

 

 

 

Saluti a Lara e Giampietro

 

 

 

 

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Dai Piani di Vas al Rifugio Chiampizzulon

Periodo: estate 2020

Durata: 2 ore totali (salita per sentiero diretto/discesa per sentiero panoramico CAI 227+228)

Difficoltà: facile/media

Dislivello: 400 mt

Tipologia percorso: Escursione per famiglie ( consigliata per bambini che camminano o zaino porta bimbi, no passeggino)

Il rifugio Chiampizzulon è situato su un panoramico ripiano sulle pendici settentrionali delle Crete di Chiampizzulon. Il rifugio è raggiungibile da Rigolato per i Piani di Vas tramite la pista di servizio (227). Dopo alcuni chilometri si raggiunge un ampio parcheggio ben segnalato.

Lasciamo la macchina nel parcheggio e percorriamo la strada asfaltata fino a raggiungere un bivio: Noi abbiamo scelto di prendere la strada più diretta per il rifugio e vale a dire a sinistra seguendo per il 228a. La strada diventa sterrata e ci sono indicazioni per accorciare il percorso per chi è, come noi, a piedi. In circa un’ora arriviamo al rifugio.

Ci fermiamo per apprezzare le deliziosa cucina offerta dai gestori del rifugio, facciamo amicizia col cane e dopo alcuni momenti passati a sfruttare il parco giochi ripartiamo, andando alle spalle del rifugio, verso la crete di Chiampizzulon. Raggiungiamo rapidamente il sentiero numero 228. A sinistra si va al monte Talm, noi prendiamo a sinistra verso il monte Tuglia.

Dopo alcuni metri di dislivello, arriviamo ad un’area picnic da dove possiamo ammirare il monte Coglians. Una tabella segnaletica ci indica i vari monti che si vedono da questo punto.

Da questo punto cominciamo la dicessa verso le casere Campiuta, passando affianco ad un palestra di roccia (La Falesia del pleros) di grado piuttosto difficile (6b in su).

Il percorso attraversa il bosco Bandito, per raggiungere il bivio di partenza. Da lì in pocchi minuti raggiungiamo l’auto.

Una passeggiata ricca di fauna e flora. A presto!

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Passeggiata ad anello OPICINA-BANNE-TREBICIANO

Difficoltà: facile
Tempo: 2 ore
Periodo: Primavera
Periodo consigliato: Primavera/autunno

Simpatico itinerario, che attraversa i borghi carsici, fino ad arrivare in mezzo alla natura incontaminata. Evidenzia il netto contrasto tra abitazioni rurali e ville nobiliari del Carso, e natura incontaminata, caratterizzata da boschi, stagni e alberi fioriti. Consigliato per famiglie…e non solo…

In una soleggiata mattinata di maggio (dotati tutti e tre di mascherine davanti alla bocca, per rispettare le regole di sicurezza che ci impone questo paradossale periodo storico che stiamo vivendo: mi riferisco al Corona Virus che, tristemente, ha modificato di molto le nostre abitudini… e che, cambierà di molto le nostre vite… forse anche in un senso positivo… chissà… ), partendo dall’abitato di Opicina, ci siamo diretti a piedi con zaini e bimba in spalla, verso Banne, con meta Trebiciano, due stupendi esempi di villaggi carsici! Abbiamo parcheggiato la nostra “poderosa” autovettura sulla via di Conconello, la strada che si apre di fronte al Piazzale Monte Re, dove si trova il capolinea del famoso “Tram de Opcina”. Seguendo le stradine interne (via delle Peonie e via dei Cardi), caratterizzate da muretti in pietra che delimitavano i giardini fioriti e le terrazze panoramiche delle ville d’epoca, tipiche di questo borgo, abbiamo incrociato la via di Basovizza.
Attraversiamo la strada di grande viabilità e imbocchiamo la Via del Refosco (un nome, un programma…) , presumibilmente caratterizzata da vitigni nel passato, di cui oggi non è rimasta traccia… ma, si continuano ad ammirare stupende ville, decorate con stemmi e chiuse da cancellate in ferro battuto, esempi di edilizia d’epoca e non solo… una in particolare ci ha colpiti, ancora in ristrutturazione, con la facciata rossa e una specie di torretta, con uno stemma a forma di aquila. Una bella passeggiata tra le case carsiche, arricchita dal profumo dei fiori di maggio, appena sbocciati, e dai grappoli lilla dei glicini, ormai alla seconda fioritura.

La giornata era soleggiata e calda, ma fortunatamente, questo itinerario è a tratti molto ombreggiato, quindi diventa un piacevole percorso da fare a piedi ma anche in bici nelle stagioni calde, la strada è poco trafficata, fino a diventare unicamente ciclo-pedonale.

Alla fine della via del Refosco, si procede dritto, si segue uno stretto corridoio delimitato da un muro, e ci si inoltra nel Bosco Mauroner, da qui si sviluppa un sentiero ben segnato e battuto che attraversa un bosco di pini e roverelle e che ci conduce ad una strada asfaltata.

Usciti dal bosco, svoltando a sinistra, si vede una casa, la si costeggia fino ad arrivare allo STAGNO DI BANNE. (Stari Kal). Si tratta di uno stagno artificiale, ripristinato a partire dagli Anni ’90 fino al 2006, ancora oggi studiato a livello didattico per sensibilizzare l’interesse per la biodiversità e la tutela dell’ecosistema. A tale proposito, mi sento in dovere di sottolineare il grande lavoro compiuto dagli alunni e dagli insegnanti della scuola secondaria di primo grado “Muzio de Tommasini” di Opicina (2006-2007), nel redigere una guida interattiva e un percorso didattico e di ricerca, che ha come oggetto di studio e analisi lo Stagno di Banne, quale esempio di habitat adatto allo sviluppo di flora e fauna tipici dell’ambiente carsico. Lo stagno fino ad oggi era un ambiente ricco di fauna acquatica, tra gli esemplari che vivono nel bacino d’acqua, ed in prossimità di esso, si possono distinguere i tritoni, i rospi, le libellule, le api (arnie presenti nelle vicinanze), e, con un po’ di fortuna si può anche incontrare la biscia dal collare.

Sfortunatamente, il giorno della nostra escursione, mentre mi avvicinavo allo stagno con la piccola Matilde, per farle conoscere degli animaletti mai visti prima d’ora, piena di emozione, come può essere una mamma, curiosa di vedere la reazione della bimba alla novità… noto un alone oleoso sulla superficie, un odore disgustoso che proveniva dall’acqua torbida e densa, e, i piccoli abitanti dello stagno, che galleggiavano senza vita!

Fortunatamente Matilde non si è accorta di nulla, e io non ho voluto sottolineare l’orribile scena che stavamo vedendo, l’ho distratta lanciando qualche sassolino nell’acqua e siamo andate via. Ho ancora davanti agli occhi quell’immagine di morte, e mi porto ancora dietro il disgusto verso i colpevoli di questo atroce atto: non si trattava di una scena dettata da madre natura, non era la temperatura dell’acqua, nè una qualche malattia che aveva colpito gli abitanti dello stagno, bensì era visibile lo zampino umano, di qualcuno senza anima, che non ha imparato nulla dal periodo di sofferenza che tutti stiamo già vivendo…”gli esseri umani sono per di più mezzi uomini, e fra loro ci sono molte bestie”…scriveva H.Hesse.

Fortunatamente la Forestale, e l’Associazione Tutela Stagni, sono intervenute tempestivamente, ora si attendono le risposte delle analisi dei campioni prelevati, a cura dell’ Arpa. Auguriamoci che si provveda al più presto ad un ripristino di flora e fauna di questo stagno, anche se i tempi per ricreare un habitat equilibrato per far ripartire la vita, presumo saranno lunghi. Peccato, perché, oltre alla bellezza dello stagno, la fauna che lo abita è fondamentale per garantire l’equilibrio dell’ecosistema!

Dopo una breve sosta sulle panchine dell’area attrezzata accanto allo stagno, ci siamo diretti verso Trebiciano, in realtà, noi ci siamo diretti verso la statale (Strada Provinciale del Carso SP1), e non è stata una buona idea, in quanto la statale è molto trafficata e il passaggio fino a Trebiciano è senza protezioni. Quindi percorso sconsigliato, invece dallo stagno, è meglio prendere il sentiero a Nord, in direzione Orlek, superando la Grotta Fulvio e la Grotta Germoni pri malem paredu.

Arrivati poi a Trebiciano paese, ci si tiene sul lato destro della strada principale, si supera il collegamento autostradale RA13 per un sovrappasso, e si attraversa un’ampia landa carsica (l’ex CAMPO CARRI ARMATI), si prende il sentiero verso destra, in direzione della Caserma di Banne.

Arrivati alla Caserma Monte Cimone, oramai in un completo stato di degrado, si segue la strada asfaltata che scende verso la strada provinciale, e ci si ritrova all’imboccatura del sentiero per lo stagno di Banne. Da qui, la strada è la medesima dell’andata, e si chiude il percorso ad anello, ritornando alla nostra auto, parcheggiata ad Opicina.

In conclusione, si tratta di una simpatica camminata, percorso molto sfruttato dai ciclisti, ma escursione che consigliamo a famiglie con bambini innanzitutto, in quanto permette di scoprire ed annusare tante piante, fiori e arbusti del Carso (iris, mughetto, fiore di maggio, glicine, rosa selvatica, nocciolo, ciliegio…) diventando una sorta di laboratorio sensoriale, dove si possono sperimentare tutti i sensi… al contempo, lo riteniamo un itinerario adatto a tutti coloro che desiderano semplicemente svolgere un po’ di attività fisica, senza troppo sforzo, in un ambiente rilassante, lontano dal caos cittadino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Monte Cocusso (674 m s.l.m) conosciuto anche come Kokos,Ozeg,Velika Groblija in sloveno

Percorso: dal Casinò dopo il confine di Basovizza ( via diretta), nel senso che ci sono molteplici sentieri e punti di partenza, per raggiungere la cima del Cocusso, questo che indichiamo oggi è il sentiero più diretto, e forse quello più vicino a Trieste.

Altri percorsi: da Pesek di Grozzana (Slovenia), sentiero n.28 che parte dal parcheggio vicino alla Chiesetta dedicata alla Beata Vergine Immacolata, edificata a metà 1900. Il sentiero segue dapprima una strada forestale, poi un sentiero più stretto nel bosco di pino nero. Dal cumulo di pietre preistorico che si incontra, si segue il sentiero n.3 fino a raggiungere un incrocio, da qui si segue il sentiero che passa in mezzo a due pali di acciaio confinali, in breve tempo si è al rifugio. (Durata totale: 1 ora e 1/2). Percorso consigliato a tutta la famiglia, anche passeggini trekking.

Durata: 1 ora e 1/2 totale(45 minuti salita/45 minuti discesa )

Periodo: tutto l’anno

Tipologia : Escursione per famiglie (bambini che camminano, zaino portabimbo, no passeggino/ si passeggino trekking) e consigliata agli amanti della Mountain Bike

Il monte Cocusso è sempre una buona scelta. La via più breve è dal parcheggio vicino al casinò subito dopo l’ex confine di Basovizza con la Slovenia .

Dal parcheggio le indicazioni sono chiare e precise per arrivare in cima alla vetta. Il segnavia indica 45 minuti per arrivare al rifugio Planinska Koca na Kokosi( una ex casa confinaria,aperta tutto l’anno nei fine settimana).

Si parte dal parcheggio del Casinò, si sale lungo un sentiero sterrato, seguendo le indicazioni. La strada si sviluppa interamente nel bosco, seguendo numerosi tornanti, con una media pendenza.

Dopo alcuni tornanti, e con poco più tempo di quanto preventivato, arriviamo al rifugio, che offre un menu fisso, a scelta tra gnocchi col ragù, jota, o minestra. L’ambiente è molto tipico, si mangia davvero ottimi piatti della casa, fuori ci sono tavoli e un bel prato verde per far giocare i bambini e far correre i cani.

Per la discesa, o si riprende lo stesso sentiero della salita, oppure, per variare un po’, si imbocca il sentiero che parte esattamente dal retro del rifugio: inizia con una ripida discesetta nel bosco e un cartello in legno, con il simbolo di una bici. Questo percorso, è stupendo, perchè permette di attraversare una dolina boscosa, nella quale i riflessi del sole tra le foglie, dona colori eccezionali, consigliato a chi ama fotografare scorci di natura, specialmente in autunno. Da qui, si scende, fino a ricollegarsi al sentiero dell’andata, che conduce al parcheggio del Casinò.

Una bella idea per una passeggiata, rilassante con la famiglia e gli amici!

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I Cadini di Misurina – Escursione dal Rifugio Col de Varda al Rifugio Città di Carpi

I CADINI DI MISURINA- ESCURSIONE DAL RIFUGIO COL DE VARDA (mt.2115) AL RIFUGIO CITTA’ DI CARPI (mt.2110)

MESE: luglio 2019

VALUTAZIONE: ****

TEMPO: 1 ora /1 ora e mezza con bimbi piccoli

DISLIVELLO: 200 mt.

DIFFICOLTA’: media/bassa

COMMENTO: escursione, che noi consigliamo a famiglie con bambini piccoli e grandi, per i meravigliosi panorami che propone e per gli aspetti naturalistici molto diversificati, che offre l’itinerario. Preferibilmente da utilizzare lo zaino portabambino, sconsigliato il passeggino da trekking, in quanto il sentiero sterrato è caratterizzato in certi punti da pendenze abbastanza ripide.

Ed eccoci di nuovo, dopo tanto tempo, pronti a ripartire…non più soltanto in due, bensì in tre! Ormai anche la nostra piccola Matilde ha cominciato ad accompagnarci nelle escursioni montane leggermente più impegnative, deliziandoci con le sue espressioni di sorpresa, con i suoi pianti di stanchezza  e con gli sguardi curiosi di una bimba di due anni, circondata da nuovi stimoli, a cui non è abituata…ogni giorno una nuova scoperta, ogni giorno un piccolo, grande traguardo raggiunto, ogni giorno una perla in più che ci arricchisce tutti…

Ebbene, descriviamo ora questa interessante e non difficile escursione. Siamo partiti dal parcheggio, situato alla base dell’impianto di risalita Col de Varda, presso il Lago di Misurina (mt.1754). Siamo saliti con la seggiovia , fino a raggiungere il Rifugio Col de Varda ( tel.0435-39041, dove si può mangiare e anche pernottare), situato a 2115 mt. Attorno al rifugio c’è uno spiazzo erboso, misto ghiaietta, dove si può sostare ad ammirare lo splendido panorama circostante, che spazia dal maestoso massiccio del Cristallo, continuando per il gruppo delle Marmole e il Sorapiss, fino al Monte Piana e al Parco Naturale delle Tre Cime di Lavaredo (non visibili direttamente da qui).In questo pianoro i bimbi possono correre liberamente, e come abbiamo fatto con Matilde, esplorare i fiori di montagna: la genzianella ( specie protetta in via di estinzione), il rododendro, la pratolina, e il nontiscordardime, tutto questo prima di intraprendere il sentiero ,che conduce al Rifugio Città di Carpi, situato sul versante opposto.

Sentiero N° 120

C’è un pannello molto evidente, che indica l’inizio del sentiero, dapprima si scende per una strada sterrata fino a trovarsi ad un bivio, andando dritti si scende, ed in circa 45 minuti si arriva al lago ( sentiero n.120), svoltando a sinistra e seguendo la freccia Città di Carpi, si prosegue verso l’altro rifugio.

Vista sul Monte Cristallo dal rifugio Col de Varda

Si costeggia leggermente la montagna, seguendo una  grande curva ,questa prima parte è tutta in discesa prevalentemente, ad un certo punto c’è una piccola piazzola con panchina che permette un apprezzato momento riposo/foto, alla propria destra si apre il meraviglioso massiccio del Sorapiss, mentre a sinistra si cammina proprio sotto le pareti rocciose dei Cadini di Misurina, affascinanti falesie, dove si possono osservare i fenomeni di erosione dell’acqua e del vento. Lungo il pensiero, ci circondano cespugli di pino mugo ( attenzione alle vipere, che amano annidarsi all’interno!), e conifere ad alto fusto. Ad un certo punto si raggiunge  una specie di sella (Bus di Pogofà, a quota 1930 mt.), la quota più bassa del percorso, da cui si diramano vari sentieri. Noi si prosegue sempre verso il Città di Carpi/Forcella Maraia, e da qui in poi si inizia a salire, il sentiero entra in un bellissimo bosco di abeti e conifere e l’aria diventa più frizzante. L’ultima parte del sentiero, è nuovamente scoperta dalla protezioni degli alberi, si aprono distese di prati con fiori multicolore, e abbastanza esposta al vento. Ancora un piccolo sforzo ed ecco che si staglia , esttamente sotto ai Cadini, il Rifugio Città di Carpi (tel.0435-39139). Dal Rifugio si ammirano il Sorapiss, le Marmole, le Tofane il Cristallo e la Croda dei Toni. Il panorama è mozzafiato, abbiamo gustato un buon the alla frutta e una meravigliosa fetta di crostata preparata dai gestori del rifugio, servizio e cortesia ottimi!

Dopo una sosta di un’oretta a giocare con cagnolini, a fare foto e a guardare libri di montagna, ci siamo rimessi lo zaino in spalla e siamo tornati indietro dallo stesso sentiero, siamo arrivati giusti giusti al rifugio Col de Varda per prendere l’ultima seggiovia, l’impianto chiude alle 17.30.

Una gita piena di belle emozioni!

Arrivo al Rifugio Città di Carpi
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Dal Passo Monte Croce Carnico – Creta di Collinetta per la via ferrata Steinberg Weg

vista da una postazione austriaca

vista da una postazione austriaca

Carta tabacco 09 – Alpi Carniche – Carnia Centrale.

Per escursionisti esperti. Necessario kit da ferrata e frontale.

Dislivello in galleria 110 m. Dislivello totale: 900 m. Tempo previsto: 5.30 ore

Lunghezza: Km 8,5 circa

 

Ore 6.30, mi dirigo verso piazza Oberdam (3 m sopra al livello del mare). Il meteo non è dei migliori, è previsto pioggia nel pomeriggio, con attendibilità al 60%, vale a dire fare previsioni meteo con una monetina!. Il fatto di vedere altri gruppi di persone che si radunano per evidentemente fare una gita in montagna mi rincuora, forse il meteo ci risparmierà.

Ore 8.22, siamo nel parcheggio del passo Monte Croce Carnico (1360 m), il tempo è nuvoloso, decidiamo di andare lo stesso, alla peggio prenderemo una via di fuga per tornare al passo.

due arrampicatori lungo una fessura obliqua

due arrampicatori lungo una fessura obliqua

 

Si parte dal parcheggio e ci dirigiamo verso la palla eolica sul territorio Austriaco. Alla nostra destra abbiamo il Pal Piccolo (1866 m), dove osserviamo due cordate che arrampicano lungo una fessura obliqua, alla nostra sinistra la metà di oggi, Creta di Collinetta (2238 m). In pochi minuti arriviamo ad un cartello con le chiare indicazioni per la Steinberg Weg.

 

Una delle numerose grotte lungo il percorso

Una delle numerose grotte lungo il percorso

Primo tratto piuttosto verticale della ferrata

Primo tratto piuttosto verticale della ferrata

 

Prendiamo un po’ di quota immergendoci già nelle trincee della prima guerra mondiale, cosparse di grotte artificiali. In circa 1/2 ora siamo all’attacco della ferrata. Ci imbraghiamo e ripartiamo.

 

Cartello all'ingresso della galleria di Cellon

Cartello all’ingresso della galleria di Cellon

Il cavo si presenta bello teso, con tante staffe per superare le difficoltà verticali.

Un tratto verticale nella galleria

Un tratto verticale nella galleria

Dentro alla galleria

Dentro alla galleria

Rapidamente, ci inoltriamo nella galleria, dove la frontale è essenziale. La galleria si sviluppa per 110 m di dislivello, per una lunghezza totale di 183 m. Ogni tanto della luce entra nella galleria tramite una finestra scavata nella roccia. L’intero percorso nella gallerie è molto umido, scivoloso, ma il cavo e le numerose staffe, ci aiutano anche in questo caso.

 

Monte Polinik - 2331 m

Monte Polinik – 2331 m

Monte Pal Piccolo - 1866 m

Monte Pal Piccolo – 1866 m

Tre amiche

Tre amiche

 

 

 

 

 

Ore 9.52 usciamo dalla galleria, ci godiamo la vista sul versante opposto, sul Polinik (2381 m) e il suo laghetto artificiale (Grunsee) e poi salendo ancora un po’ vediamo il Pal Piccolo. Incontriamo numerosi fiori ed anche tante stelle alpine. Altra 1/2 ora, bivio, a sinistra si prosegue per la ferrata senza confini, a destra la Steinberg Weg, da li a poco incontriamo una vipera vicino ai numerosi pino mugo che ci accompagnano lungo il percorso.

Creta di Collinetta Cellon (2238 m)

Creta di Collinetta Cellon (2238 m)

Brindisi in trincea

Brindisi in trincea

Ore 10.40, comincia a schizzare, visto le previsione meteo, rinunciamo alla vetta, torniamo sui nostri passi verso la nostra via di fuga. Comincia a piovere forte, un fulmine cade vicino a noi,

allora ci rifuggiamo nella prima grotta che troviamo, dove aspettiamo che il temporale passa. Questa pausa forzata ci permette di godere di un ottimo Vino Aureo che mi ero portato per festeggiare la vetta 😉

 

La pioggia cessa, andiamo in giù, ci accorgiamo di essere troppi bassi, tornare in su, troviamo il bivio che ci porterà al passo, in effetti, arrivando dall’alto non si vedono le indicazioni. Una lunga cengia con passamano ci regala una vista sulla valle sottostante.

via di fuga

via di fuga

lungo la cengia

lungo la cengia

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 12.16, cielo limpido, sembra quasi uno scherzo, ci fermiamo un attimo per ammirare la valle che continuando verso ovest, ci porterebbe al monte Coglians (2780 m) e al rifugio Marinelli (2111 m), mentre procediamo verso est, verso il passo.

Ore 13.46, siamo di nuovo al passo, approfittiamo della sagra locale per brindare e spiluccare patatine di alta quota.

Ringrazio l’ottima compagnia e il fotografo per la gentile concessione.

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Sentiero Robert Baden-Powell ,Trieste

Via Baden-Powell

MESE: luglio 2017

VALUTAZIONE: ***

DIFFICOLTA:/

TEMPO: 1 ½  ora A/R

DISTANZA: circa 7 km

CONSIGLIATO PER PASSEGGINI, BEBE’ E BIMBI PICCOLI

 

Ciao a tutti! Dopo una breve … pausa bebè… eccoci tornati più in forma che mai e con un meraviglioso partecipante in più nella nostra famiglia e nei nostri giri in montagna: la nostra piccola Matilde!!

L’itinerario, che sto per descrivere, mi sta molto a cuore, in quanto, lo percorro quasi ogni giorno con la carrozzina e la mia piccola di soli tre mesi. Essendo nata , Matilde, in aprile, portarla al mare in questa calda estate era impensabile, quindi ho deciso di esplorare assieme a lei il nostro altopiano carsico, che offre alcuni bei sentieri rilassanti, ombreggiati e carrozzabili da sfruttare in compagnia di  un neonato! J

Inizieremo questo nuovo paragrafo di Saporedipietra, intitolato “A spasso con passeggini e bebè”, con il sentiero dedicato a Robert Baden-Powell (1857-1941), fondatore del movimento scoutistico mondiale.

Baden-Powell

Fu un educatore e scrittore inglese e, nella sua carriera, gli furono conferiti diversi nomi, tra cui “ B.-P.” come ancora oggi viene chiamato tra gli scouts, “Mhala Pati”, durante il suo soggiorno in India, cioè colui che si stende sulla schiena prima di sparare. Gli Ashanti lo soprannominarono “l’uomo dal cappello grande”, e i Matabeele lo chiamarono “Impeesa”, ossia “lupo che non dorme mai”. Nel 1909 fu nominato Baronetto, diventando Sir Robert Stephenson Smith Baden-Powell… e se fino adesso pensavo che la nostra Matildina con il suo lungo cognome avrà seri problemi ad impararlo a scrivere…ora mi accorgo che nella storia è esistito un uomo, che, in fatto di cognome se la passava peggio… J

Accantoniamo le notizie storiche, e su Baden Powell ce ne sarebbe da parlare, anche riguardo al suo metodo educativo, che viene spesso affiancato alla pedagogia di Don Bosco, per creare un bel parallellismo…ma non mi dilungherò in lezioni di pedagogia, non è il blog adatto!!!

bosco – nello sfondo il santuario Monte Grisa

Parliamo ora del nostro ITINERARIO! Il sentiero si sviluppa quasi completamente nel bosco di pini, faggi e roverelle, che circonda il Tempio Mariano (santuario dedicato alla VergineMaria) di Monte Grisa (330mt). Questa chiesa è simpaticamente soprannominata dai triestini ”el formaggin”, cioè “il formaggino”, per la sua insolita forma che ricorda il triangolino dei formaggini Milkana …ma senza la punta!!!

Il sentiero e’ molto adatto a passeggiate con passeggini e bambini piccoli, in quanto la strada ombreggiata è per tre quarti asfaltata e solo l’ultimo quarto è costituito da uno sterrato molto unforme e facilmente percorribile con il mezzo. Il sentiero fa parte di un itinerario ad anello, che si ricongiunge alla panoramicissima Strada Napoleonica e al Sentiero Nicolò Cobolli, per una lunghezza totale di circa 9 km. Purtroppo, la  stupenda Napoleonica, ha uno sterrato troppo grossolano, quindi, poco indicata da percorrere con il passeggino… noi ci abbiamo provato, ma abbiamo dovuto desistere, in quanto Matilde esprimeva con un sonoro pianto il suo disappunto!!!

Il sentiero Baden-Powell si può imboccare da due direzioni:

  1. Inizio passeggiata Baden-Powell

    Dal quadrivio di Opicina, seguire in auto direzione Prosecco, ad un certo punto ben dopo aver superato il benzinaio a sinistra, si continua dritti per la strada principale fino a vedere sulla sinistra un deposito caravan e roulotte, a destra si imbocca la Via Carsia. Consigliamo di parcheggiare l’auto a sinistra, a fianco del deposito. Da qui inizia il percorso, contrassegnato anche dalla tabella nominativa.

  2. l’altra opzione, quella che personalmente preferisco, è quella di arrivare con l’auto fino all’ ombreggiato parcheggio del santuario di Monte Grisa , e da qui salire il sentiero, che inizialmente coincide con il percorso della Via Crucis.

 

Possiamo proprio dire che è stato il “battesimo” delle camminate in Carso della nostra piccola Matilde. A un mese di vita, in carrozzina, abbiamo osato questo sentiero per la prima volta e posso confermare che si tratta di un toccasana per trovare refrigerio vicino a casa nelle afose giornate estive! In più, punto a favore da non sottovalutare, sotto alla Chiesa si trova una caffetteria (che prepara anche pranzi…e cene) molto ben gestita, e le vicine toilettes, munite di fasciatoio, davvero pulite!

lungo il percorso Baden-Powell

Noi solitamente partiamo da Monte Grisa, il parcheggio è più ampio ed agevole. Dopo un brevissimo tratto in leggera salita scoperto dagli alberi e, parecchio soleggiato in estate, si entra subito nel bosco, che dapprima è caratterizzato da grandi pini e alberi aghifoglie, i quali, man mano che ci si addentra, lasciano spazio a faggi e roverelle. E’ meraviglioso venir avvolti dall’intenso profumo di resina e sentire in lontananza il canto delle timide cicale… Essendo molto lontano dalla strada trafficata, in questo angolo di Paradiso, la natura la fa ancora da padrona! Fortunatamente si tratta di un sentiero che, nonostante la sua fama e frequentazione da parte dei triestini, non è stato usurpato e riesce ancora a regalare un momento di pace, immersi in un ambiente selvatico ancora abbastanza incontaminato. Ovviamente, per salvaguardare questa bellezza, non sono state poste panchine o aree pic-nic lungo il tragitto. Dovete allattare? O vi sedete per terra, o su qualche rara roccetta, o lo fate in piedi … oppure bisogna aspettare di tornare nella zona caffetteria, dotata di tavoloni in legno e comode panche!

lungo il percorso Baden-Powell

Il percorso si sviluppa su leggeri saliscendi,  fino ad arrivare ad una sorta di quadrivio in mezzo al bosco, dove si congiungono vari sentieri. A questo punto ( in loco si nota anche un grande pannello con la mappa di dove ci troviamo), girando a sinistra e prendendo il sentiero che scende leggermente, si arriva fino alla strada statale, e, attraversando la strada, se si decidesse di continuare lungo la Via Carsia si raggiungerebbe il centro dell’abitato di Opicina.

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Anello del Monte Sambuco e del Monte Ermada partendo da Malchina

Sentiero 8 - Carco Triestino

Sentiero 8 – Carco Triestino

MESE: novembre 2016

VALUTAZIONE: ***

DIFFICOLTA’: T

DISLIVELLO : 300 mt

TEMPO anello: 3h

 

 

Il  nostro Carso in autunno è uno spettacolo unico, da non perdere e non lo dico perchè sono nata a Trieste e amo la mia terra.. .immaginatevi foglie dai colori accesi, rosso e giallo, che si stagliano su una roccia completamente bianca, i contrasti cromatici che si vengono a creare sono indescrivibili… e, a tutto questo, aggiungiamo i raggi del sole, che, nelle ore più calde della giornata riescono ancora ad abbronzare il viso. Una gita in Carso non puo’ mancare a novembre, nei programmi del fine settimana di un triestino medio… includendo, ovviamente, una dovuta sosta mangereccia in qualche tipico ristoro locale, che propone gnocchi e jota, che arrivano al tavolo belli fumanti!

Era il 3 di novembre,  giorno dedicato a San Giusto, il patrono di Trieste, abbiamo parcheggiato l’auto nell’abitato di Malchina, vicino a Sistiana, accanto all’Agriristoro l’Allegra Fattoria.  Con la faccia rivolta al cartello in legno su cui sono disegnati simpatici animaletti, che reca il nome dell’agriturismo, abbiamo imboccato la seconda strada sulla nostra sinistra, con segnavia CAI n.31 (il segnale bianco e rosso è visibile su un palo) e ci siamo addentrati, dapprima tra le case, poi nel bosco. L’aria era fredda, il vento soffiava forte, si trattava di un simpatico borino che ghiacciava il naso, ma il sole con i suoi raggi riusciva ancora a scaldare.

 Il sentiero è ben segnato, e fa piacere notare che la manutenzione viene seguita in maniera costante. Ad un bivio il sentiero n.31 si unisce al sentiero n.3, si va sempre dritti, fino a raggiungere un piccolo svincolo con un’indicazione  “Monte Sambuco”, ovviamente ci incuriosiamo e partiamo alla volta della “vetta”: 213 metri… sopra il livello del mare. Di sambuchi non ne abbiamo visti e, neppure un granchè di panorama, in quanto eravamo circondati da alberi e cespugli. Ma questa collinetta, che ha catturato la nostra attenzione per la simpatia del suo nome, ci ha permesso di seguire un itinerario alternativo, che ci avrebbe condotti sulla cima del Monte Ermada/Hermada.

Dalla cima della collina, il sentiero continua sulla parte opposta da dove siamo arrivati, scende lungo un canaletto leggermente ripido (sentiero n.3) e si addentra nel bosco di querce, detto anche Cerreto. Lo si segue fino ad imboccare una sorta di strada sterrata, si tratta di un sentiero più ampio con una base di ghiaia, e si arriva ad una ben visibile curva.

Ora l’opzione era: saliamo a destra o andiamo dritti, cioè scendiamo a sinistra? Dopo aver preso dallo zaino l’immancabile Pianta del Carso Triestino (da averla sempre dietro quando si vuole fare escursioni sull’altipiano!) abbiamo optato per scendere la strada verso sinistra. Il sentiero, ad un certo punto, entra nuovamente nel bosco ed il segnavia bianco e rosso è presente ad ogni bivio… o quasi… comunque la cartina l’avevamo sempre in mano! Ad un certo punto si comincia a salire, il sentiero diventa leggermente più ripido, stiamo iniziando la vera salita al Monte Ermada finalmente.

La zona boschiva e selvatica è caratterizzata dalla pesenza di numerose GROTTE NATURALI, ben visibili lungo il percorso, alcune indicate da un preciso nome, che, durante la Guerra , venivano utilizzate come nascondigli o ricoveri. Alcune di queste sono delle cavità visibili ad occhio nudo camminando, altre, più profonde, sono visitabili previo accordo con qualche gruppo speleologico locale.

Ad un tratto, lungo il nostro salire notiamo un bivio con un sentiero stretto che si diparte a sinistra e sale tra i cespugli..guardiamo per terra e vediamo, in concomitanza con l’incrocio, una roccetta su cui c’è scritto con pittura nera “Ermada” e accanto una freccia, che ci suggerisce di seguirla. Ci si inerpica un pochino tra gli alberi, il sentiero è sempre ben battuto (no rischi zecche!), e dopo dieci minuti si giunge alla vetta con tanto di tabella indicativa del monte e quota: siamo a 323 metri sul livello del mare! Passi da gigante… rispetto al Monte Sambuco!

Il panorama da quassù è molto bello: nelle giornate terse si vedono il mare, la laguna di Grado e le colline del monfalconese. Dall’altro versante, invece, lungo la salita, se ci si volge indietro si osserva l’inconfondibile sagoma del Monte Nanos e la rigogliosa valle del Vipacco.. in questo caso, le fronde degli alberi coprono un po’ il panorama.

La nostra discesa è avvenuta sul versante opposto da dove siamo saliti, lungo il sentiero n.8, una carrareccia abbastanza ampia, che poi biforca nuovamente in un sentiero nel bosco (all’incrocio è ben segnato il n.8 del sentiero). Si prosegue dritti lungo questa discesa (noi abbiamo approfittato per raccogliere un bel mazzo di sommacco multicolore da portare a casa) fino a giungere all’abitato di Ceroglie. Se si vuole arrivare fino a Malchina lungo il bosco, si va avanti dritti senza scendere nel paese di Ceroglie… come erroneamente abbiamo fatto noi. Una volta in centro a Ceroglie, abbiamo camminato ancora per circa 2 km sulla strada seguendo le indicazioni Malchina, fino ad arrivare alla nostra auto.

 

 

 

 

 

Considerazioni: la tipica “domenica in Carso”, un’escursione molto bella, tipicamente carsica che ci conduce in mezzo a natura e a tradizionale folklore, ci permette di assaporare il silenzio ed i profumi del bosco, come anche le architetture in pietra a vista dei borghi di un tempo e l’odore di legna bruciata. Si tratta di una passeggiata che fa scoprire angoli vicini ancora sconosciuti, anche agli stessi triestini, che racchiudono tutta la storia e le emozioni della vita rurale di un tempo. Sicuramente la stagione, in cui si decide di fare questa uscita, è importante: personalmente i colori dell’autunno inoltrato la valorizzano molto, in quanto il bosco si tinge di foglie rosse, gialle, arancioni e viola scuro.. .per chi ama i colori come me e le fotografie con contrasti cromatici accesi… novembre è decisamente il momento migliore per salire sull’Ermada!

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